giovedì 19 maggio 2011

Caduta di stile.

Nel favoloso e fantasmagorico (così sembra da fuori) mondo della moda c'è chi esce e i chi entra. Chi come John Galliano in una "caduta di stile" inneggia al nazismo e viene licenziato dalla Maison Dior e chi come Miss Hanna McGibbon lascia il marchio Chloe dopo due anni per altri progetti. Aquilano e Rimondi lasciano la direzione creativa di Ferrè a causa della cessione del marchio al gruppo arabo Dubai Paris Group che fa capo al miliardario Abdukader Sankari.
Sembra, secondo indiscrezioni, che il duo sia troppo minimalista per i gusti del nuovo direttivo e i due creativi sono stati accompagnati (metaforicamente parlando) verso la porta, il che mi dispiace molto trovavo il lavoro di Aquilano e Rimondi per Ferrè giustissimo, hanno saputo mantenere i caratteri fondamentali della "donna" Ferrè e al contempo rinnovare una immagine che era ormai datata. Mentre Aquilano e Rimondi continueranno a creare per il loro marchio a Parigi un'altro creativo, Christophe Decarnin lascia la poltrona di Balmain.
Sembra che un nuovo vento stia muovendo gli assetti e se a una prima occhiata le motivazioni dei licenziamenti eccellenti sembrano casi eccezionali dati da motivazioni diverse in realtà non sono eccezionali e la motivazione è sempre la stessa, VENDERE.
Le esigenze aziendali che rincorrono un ipotetico e ambitissimo adeguamento di prodotto, che altro non è che vendite e crescita dei fatturati, nuove risorse e nuovi punti vendita e nuovi incassi e vendite e così di seguito.
Queste sono le regole della globalizzazione che richiede solo una spinta verso l'altro dei grafici di vendita. In questa continua ricerca però mi sembra che qualcosa non stia funzionando e il meccanismo stia facendo cilecca e nonostante ricerca e cambiamenti non mi sembra che la moda stia producendo qualcosa di nuovo, anzi, guardando in maniera più approfondita le sfilate anche del prossimo inverno non ci sono grandi novità e quelle poche che ci sono vengono sempre dagli stessi marchi (guarda caso quotati in borsa). Tra le altre cose non abbonda nemmeno così tanta creatività e per vedere qualcosa di nuovo anche su internet ci si deve affidare a canali alternativi, poichè tutta la stampa accreditata che vive di pubblicità dei grandi marchi stenta a proporre nuovi talenti.
Vogue lo fa con "Who's on Next" ma i partecipanti devono comunque avere un marchio e averlo già messo in produzione. Se da un lato è già qualcosa avere una finestra come Vogue che ti aiuta ad emergere, il dilemma che mi pongo è un'altro, Mancano i mecenati? Quelli veri che ti prendono in considerazione anche se sei uno "sfigato" senza un euro? Bisogna avere una partita i.v.a. e un marchio già registrato per decollare veramente? E per chi come me parte da zero sa di cosa parlo aprire una partita i.v.a. con tutto quello che ne consegue, ci si ritrova in un vero e proprio inferno di tassazioni infinite. I piccoli artigiani sono schiacciati dalle tasse e non esistono agevolazioni e ciò è maggiormente visibile se si ricorre all'aiuto della regione o dell'unione europea per iniziare una nuova impresa. Questi canali di finanziamento ti dicono: "si ti diamo i soldi ma tu intanto devi anticiparli".....????.....e quando arrivano l'impresa è già avviata e nella maggior parte dei casi con indebitamenti in banca. Comprare soldi per fare soldi e se da un lato è così che va il mondo economico mi domando questi soldi però vanno sempre nelle stesse casse dei solite firme note e per un paio di scarpe che due anni un fornitore che produce in india mi chiedeva €25,00 al paio quest'anno le ho riviste tali e quali in via dei Condotti a Roma in prestigiosa vetrina alla modica cifra di € 350,00 e per di più senza una modifica di stile tranne un bel marchietto d'oro in bella vista. Lo stesso marchio che in una puntata di Report in tv era già stato segnalato come uno dei marchi con ricarichi ingiustificabili sui prodotti, e che ora in vetrina per giustificare i prezzi mette un cartello che informa la clientela della provenienza e la cura manuale degli abili pellettieri.
In un panorama di stile globalizzato (appiattito) dove i creativi migrano spesso per poter sopravvivere e in cui i grandi marchi per rimanere tali fanno giochetti come questi credo che dobbiamo fare un passo indietro e tornare non solo ad alla sartorialità ma anche ad una cura del prodotto a trecento sessanta gradi che va dal design alla messa in vendita.
Ritorno al piccolo negozio? Forse, in un articolo su Fashion Magazine il negozio "sottocasa" è l'unica ancora di salvezza per vendere poichè il consumatore è stanco dei grandi multibrand e i centri commerciali, tengono bene gli outlet ma i clienti stanno ritornando al punto vendita dove cura del prodotto va a braccetto con cura del cliente. Tutto ciò mi fa piacere ma bisognerebbe anche avere un' etica dello stile che riguarda anche le scelte personali con cui produciamo e nel caso dei marchi che ricaricano troppo è importante anche come consumiamo. Nessuno può tirarsi fuori da questo discorso e i canali per tenersi informati ci sono, bisogna solo mettersi i testa che cambiare si può e a questo punto c'è solo da mettersi al lavoro per apportare delle modifiche partendo dalle scelte come consumatori visto che da creativi non c'è ancora abbastanza spazio (Per ora!).

^Hanna McGibbon


^Christophe Decarnin


^Aquilano e Rimondi

martedì 10 maggio 2011

Comanda.... Color....Color

Osservando le sfilate di moda e facendo un giro per negozi ho avuto modo di notare con piacere un ritorno al colore, numerose le proposte con tonalità e accostamenti che definire forti è restrittivo.
Nella moltitudine di colori proposti oltre gli ormai classici rosso o bluette sono tornati il Giallo primario, il Verde nella stessa tonalità della nostra bandiera, l’arancio spezzato con bianco e bluette o il color cammello e tutte le tonalità complementari possibili.
Un ritorno al colore saturo, da molto tempo assente dalle passerelle ma anche e soprattutto nei negozi poiché, come è noto, talvolta  le firme scelgono la via della vendita facile e spesso il prodotto in negozio è diverso da quello in passerella e quei pezzi che nella sfilata ci sono piaciuti di più non vengono nemmeno messi in produzione.
Questi capi vengono chiamati dagli addetti ai lavori “abiti immagine” e cioè quei capi che sono stati creati apposta per far capire al pubblico, l’ispirazione, l’aria, l’atmosfera della collezione.
Era da molto che non vedevo tanto e così forte colore e l’ultima volta che ne ho visto era ancora in vita Gianni Versace e le sue camicie barocche erano fra gli oggetti più ambiti dalle fashion-victim.
La riflessione sul colore mi ha fatto pensare quasi inevitabilmente al ritorno del colore nella moda dei secoli scorsi.
E come talvolta è stato più il colore o l’assenza di esso che la materia a far cambiare stile e rotta alla moda. Penso a tutti i cambiamenti cromatici che sono avvenuti sulle diverse fogge vestimentarie i quali non erano casuali e soprattutto ad ogni cambiamento cromatico corrispondeva una nuova foggia vestimentaria e un cambiamento di silouhette.
Inevitabilmente alla parola colore accosto Paul Poiret e al forte impatto stilistico e coloristico delle sue creazioni e delle sue messe in scena, che non doveva essere molto diverso da quello che oggi vedo nelle creazioni di Prada o Jil Sander.
Poiret e i suoi contemporanei artistici Kandinsky, Matisse e Monet hanno a lungo dissertato sul colore, creando una vera e propria scuola di pensiero attorno ad esso e nel contempo attuarono dei veri e propri cambiamenti nel campo dell’arte e nella teoria della percezione.
Questo parallelismo fra questa epoca e quella di Poiret all’inizio del ‘900 mi fa pensare che comunque ciclicamente grandi cambiamenti sono avvenuti con il cambio di secolo, crisi ideologiche e sociali sono naturalmente alla base di questi cambiamenti poiché senza richiesta non esistono nuove proposte.
La riflessione che ho fatto riguarda soprattutto un uso del colore che in un’epoca di 3D e tecnologie digitali sicuramente ha modificato la percezione che abbiamo dei colori e nell’uso quotidiano ha modificato anche l’utilizzo e il desiderio avere alcuni colori letteralmente addosso piuttosto che su oggetti di uso quotidiano.
Mi rendo conto che sempre più spesso colori che fino a poco tempo fa ritenevo forti o “strani” ora fanno parte del mio vocabolario coloristico come classici.
Il rosso, coca-cola per intenderci, per me era un colore forte da qualche tempo ormai per me è alla pari con un marrone o un grigio scuro.
Quanto dell’uso quotidiano di computer e altre tecnologie ha influito sul desiderio della massa per di un determinato colore?
Secondo me tantissimo visto che ora vedendo la sfilata di Jil Sander, esulto e non mi sembra tanto assurdo indossare un pantalone rosa fluo inoltre vedendo la sfilata di Gucci i completi che mi piacciono di più sono quelli che mescolano il viola, il verde e l’arancio.
Quando penso al colore lo penso nelle nuance più pure e nei suoi complementari, accostamenti violenti quasi primitivi fatti di verde con il giallo e il cammello e le proposte di Prada al momento mi sembrano le più azzeccate della stagione e mi portano alla memoria Josephine Baker e il suo gonnellino di banane e richiami a Tamara de Lempicka.
Desiderio di tinte forti come nelle illustrazioni di Iribe e Lepape per Paul Poiret  dove le silhouette stampate a colori piatti sono simili alle silhouette di Jil Sander, I ritratti degli anni d’oro della moda quelli dagli anni 20 agli anni 30 li ritrovo nella moda di Marc Jacobs per Louis Vuitton.
Non so se tutto questo colore corrisponderà ad un vero cambiamento di rotta, per lo stile e la moda come è avvenuto all’epoca di Poiret , ma ciò che trovo interessante in tutto questo colore è che anche le case di moda low-cost stanno proponendo il colore.
Zara in primis e fra  primi colori venduti ho notato che c’è l’arancio seguito dal verde e dal giallo.  E fra i vari pacchetti ne propone due che ricordano Prada e Celine.  Certo sono la versione edulcorata ma comunque non privi di colore.
Staremo a vedere se tutto questo colore farà bene o male. Certo è che consiglio di indossare al massimo tre colori altrimenti l’effetto finale è pessimo.
Intanto fra le mie ricerche sto guardando l’inverno di Prada e al momento un cappotto color salmone accostato  al turchese non mi dispiace per niente, sarà per colpa del computer? Non lo so, ma so per certo che un mondo pieno di colore non mi dispiacerebbe.

Prada P/E 2011

Gucci P/E 2011

Jil Sander P/E 2011


Georges Lepape illustrazione da " La Gazette du Bon Ton" 1913

Jil Sander Backstage P/E 2011

Louis Vuitton P/E 2011






Georges Lepape "Le Choses de Paul Poiret"







martedì 3 maggio 2011

Ciao Gente!



Per iniziare mi presento,  mi chiamo Giovanna Emiliani Spinelli vivo a Roma e lavoro nella Moda dal 1998. Sono appassionata di moda ma non mi considero una fashion-victim, anche se forse non lo sono per via dei miei budget che viaggiano a livelli un "tantino" bassi.
Attualmente sono tornata disoccupata dopo una esperienza di 5 anni come commerciante, la mia attività ha chiuso lunedì scorso, con enorme dispiacere poichè in essa riponevo speranze per il mio futuro e della mia socia, nonchè sorella.
Ho lavorato con Valentino Garavani fino al 2001 e negli anni successivi ho lavorato nel campo della moda ma con contratti a progetto e a fasi alterne come consulente per agenzie pubblicitarie come stylist, attività che ho continuato a fare anche contemporaneamente al negozio.
Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sono attratta da tutto quello che può scuotere visivamente e mentalmente la mia anima creativa.
Ho deciso di creare un blog dopo aver creato su facebook e twitter dei profili- gruppi in cui raccogliere idee e commenti di amici e poter condividere ciò che vedo e penso, ma dopo un anno mi sono resa conto che il blog può sicuramente darmi più soddisfazioni e posso maggiormente interagire con le persone con cui condivido.
In tutta sincerità non so se avrò davvero il tempo per curare un blog tutti i giorni ma prometto che ce la metterò tutta per esserci al meglio. Sarò sincera e a volte spietata, così spietata che non a caso un mio amico mi ha dato della "Anna Wintour". Tutto quello che sceglierò di pubblicare avrà come punto fermo la creatività a 360 gradi dalla moda al design e dal cinema alla fotografia sono molti i temi che mi piacerebbe condividere con voi e naturalmente sarò contentissima di sentire cosa ne pensate e cosa vi suscitano certe immagini. Il mio blog vorrei che fosse anche l'opportunità per gli altri di vedere e farsi vedere per questo il nome "Spazio Bianco", uno spazio bianco può essere tutto,  l'inizio, la pausa o la fine, il silenzio, la musica o il rumore. Spazio Bianco come terra di nessuno e terra di tutti.
Con questo credo di aver detto tutto almeno per oggi e per iniziare non mi sembra poco.
Per chi vede il mio post ora buona serata a tutti gli altri un ciao di benvenuto.