lunedì 19 ottobre 2015

Sfogliando

Certo potrei occuparmi di cose più serie ma come ho detto altre volte la moda non è sterile e puerile, attraverso essa possiamo osservare i tempi, cercare di capire la nostra epoca, i costumi. Seguire la moda non significa vestirsi firmato ma aderire o meno ad un modo di vivere, permettersi di scegliere e capire aiuta a sceglire. 
Sabato ho comprato delle riviste di moda, facendo colazione ho osservato come al solito pagine editoriali e pubblicitarie, queste ultime le trovo sempre più interessanti delle prime, perchè? Perchè vanno al punto, al consumatore, e ci danno un chiaro riferimento di dove vanno i gusti e anche gli stili di vita del popolo, mentre negli editoriali il contesto costume è sempre filtrato con estrema cura dall'editore, il quale non pubblicherebbe mai un articolo su come siano poco donanti e sgraziate certe fogge d'abito o su come l'ultima sfilata ''Di'' sia essenzialmente l'immondizia fatta marchio. L'editore devecoccolare le case di moda per vendere spazi pubblicitari nella rivista, queste danno soldi per mandare avanti la testata, quindi, niente critiche o analisi approfondite, meglio restare vaghi e se le schifezze ci sono meglio definirle POP.
La pubblicità aziendale la preferisco,  ci dichiara chiaro e tondo a chi si rivolge e la firma del fotografo nulla toglie al messaggio anzi semmai lo rafforza.
Fotografi e maestranze si buttano a pesce su tutti i concetti che il designer/azienda gli offre sopratutto se sono nuovi e ancora non utilizzati, terre vergini in cui la parola d'ordine di solito è connotare il cliente e cercare, mantenendone i tratti, di aggiungere la propria firma stupendo.
Fatto questo preambolo  e tornando alla rivista in questione come al solito mi soffermo bene sulle prime 6-8 pagine, che sono di solito le più prestigiose e hanno sempre i tre quattro marchi prestigiosi in grado di pagarle, Prada, Gucci, Vuitton, Dior , Saint Laurent, passando poi per marchi commerciali di profumi. 
Le pubblicità, tutte patinatissime, non sono altro che la provocazione visiva dei concetti di passerella, ma la mia osservazione del momento è che sempre più spesso i concetti non si limitano alle foto e come ci viene raccontato il prodotto ma il rpodotto stesso è provocazione.
Come si attua la provocazione in tempi in cui è stato fatto tutto? In cui il prodotto a basso costo offre capi disegnati da stilisti?
Il ruolo di alcuni marchi è stato fondamentale, Prada con la sua ricerca costante di Kitsch Ricco è stata la capofila di questa tendenza sdoganando anni '70 e '80 da poco donanti capi vintage a proporzioni di avanguardia, in questo modo le sgraziate fattezze di alcuni abiti sono diventate articoli di pregio anche nell'ultimo mercatino sotto casa.
E da qui tutti sono partiti per la tangente, Prada come guru e tutti a fare nel proprio stile quanto di peggio si possa fare, accoppiando epoche, materiali e riferimenti iconografici tra loro lontanissimi. 
Poco importa il concetto o la storia, la via è il negativo, l'opposto,  sono queste caratteristiche a raccontarci e raccontare questa epoca, poco importa se pesco da arte, popular art o vera e propria immondizia è il gioco di opposti e i quanto opposti anche estremamente negativi va benissimo purchè siano il pungolo per non far assopire il pubblico annoiato della moda. 
Quando negativo e negativo si accoppiano il gioco è fatto, da qui risorgono marchi importanti dell'avanguardia come Margiela che in mano al massimalismo di Galliano riporta l'attenzione alla ricerca così l'ufficio stampa si concentra sui social network per comunicare in maniera reale il lavoro dello stilista, mentre la Couture di venti anni fa con Yves Saint Laurent è l'incipit per lo stile asciutto di Hedi Slimane e di Saint Laurent rimane solo cognome , colore nero, Tuxedo e ambigue visioni, per questo forse nella sua campagna stampa la modella è lontana come sembra lontanissima l'epoca di quella moda e il bianco e nero della foto fa intravedere  nulla o poco del prodotto-abito. 
Opposti e negativi allora mi viene da pensare che il contenuto, il concetto da cui parte l'ideazione del capo in voga è unire sempre gli opposti, se tanto mi da tanto penso che certi uffici stile si stia creando pescando da un sacchetto come in una tombola, pescando fra stili e oggetti più disparati, per questo Prada usa tessuti maschili e tessuti rigidi,  spille di strass su forme in plexiglass e Dior con Raf Somons unisce la leggerezza e il candore della seta a capi maschili.
Celine dice tutto con una scarpa, in cui convive lo spirito dimesso dei peggiori anni '70 nella forma e il dettaglio finto ricco citazione o versaccio allo stile anni '80.
Se questa moda ci descrive dovremmo porci delle domande, quanto siamo annoiati? Quante differenze nella società? Le discrepanze tra stili sono lo specchio di una sociètà tagliata in due? O in ognuno di noi convivono due anime? Come avviene nella vita, divisi fra reale e social? 
Ehi guarda cosa mi appare sulla stessa rivista 'Questa è la mia faccia sexy' dice Diesel e in due pagine di cui la più importante, a destra, è affidata alle parole, l'immagine di una ragazza al naturale è a sinistra, una bellezza spettinata, forse vera? Lontana dalla perfezione che è sulle riviste. E se la moda ci rimanda questa immagine noi piace? 
Cosa scegliamo di essere? 
Virtuali? O Reali? O finti reali per i social? 
Forse vogliamo essere tutto insieme?














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