lunedì 14 maggio 2012

La Musa Della Carta

Non c'è niente di più chiaro delle parole scritte sulla carta, nero su bianco, di una lettera ben scritta con una scrittura semplice, diretta e sincera. Niente di meglio della carta di giornale , che finito il suo mestiere, si usa per avvolgere i ricordi più fragili e per questo preziosi. Un foglio di carta è sfida per un nuovo progetto, nuovi concetti, ma può capitare che sia anche il un mezzo per sottolineare il tempo, fare liste e riordinare quello che nella testa è disposto qua e là. La carta possiede quel fascino che altri supporti non hanno, un buon libro di carta non potrà mai essere sostituito, su di esso è possibile scrivere o sottolineare i passaggi preferiti. Si può sempre contare sulla carta anche quando, vecchia e igiallita, sprigiona il suo fascino e lascia emergere i suoi fantasmi, i ricordi che sono in una macchia, l'incertezza e la fragilità di un segno, la ferita di un lembo piegato. La carta è la complice ideale per raccogliere i segreti, riordinare i sentimenti, descrivere i sogni ma è anche spietata testimone di fallimenti e illusioni che tenevamo nascosti in un biglietto fra le pagine scolorite di un libro o in fondo ad un cassetto. Niente di meglio dell'odore della carta nuova, annusarla mi riporta bambina al primo libro di favole illustrate. Adorabile e romantica quella usata quando accoglie, in uno stampo, l'odore di un bocciolo schiacciato o di un quadrifoglio scolorito. Nel bordo ingiallito di una pila di carta c'è il segno dei giorni di sole, segno ingrigito e rigido il passaggio umido di un liquido oppure di una lacrima che ha distorto le parole e offuscato i margini del segno della penna. Non finisce di stupire, la carta che si rigenera, sopratutto quando la forbice la fende per donargli una nuova vita, altri formati, altre forme, altri utilizzi e altri giochi. La carta può ferire anche quando non è scritta, lascia un segno sottile se presa di sghembo, taglia come lama, nel taglio punge con una fitta, la curano, guarda caso, le labbra, arbitro e ambasciatore, di un patto silenzioso quello fra la parola su carta e quella nell'aria che si disperde nell'attimo di un suono, nell'eco di una idea, di un pensiero o di un'immagine evocata.
A volte ti senti un uomo di carta in precario equilibrio sui venti, libero sul tragitto di un io fantasma, con fiaccole di dolore in mente, sempre accese per nutrire il battito. Miu Jacqueline

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